Casa Museo Porcu Satta

Il Museo è ospitato nel palazzo signorile fatto edificare nel 1901 dal dott. Giovanni Porcu Duras, medico condotto del paese per oltre quarant’anni, e da sua moglie, la nobildonna Rosina Satta Mulas. Il dottore, conosciuto e stimato per le sue capacità professionali anche nei paesi circostanti, era molto benvoluto per la sua profonda sensibilità e generosità verso i bisognosi.

L’edificio, che riveste un certo interesse per la tipologia architettonica non comune nei piccoli paesi sardi, ha un portone d’ingresso sormontato da una lunetta in ferro in cui sono riportate le iniziali del nome del proprietario, come era uso nelle case signorili.

Nell’ingresso si trova una teca in vetro che custodisce gli strumenti medici dell’epoca appartenuti al dott. Porcu e, subito dopo, si apre il vano scala che conduce ai piani superiori articolati in numerose stanze. Gli ambienti del primo piano, cioè il piano nobile della casa, furono decorati dal pittore Giovanni Molinari; di grande pregio sono i pavimenti, realizzati con cementine, magnificamente conservate, composte con vari motivi e variazioni di colore in armonia con le decorazioni delle stanze.

In tutte le camere del piano sono esposti a parete i gioielli sardi tradizionali realizzati dall’orafo gavoese Giovanni Rocca, appartenente ad una famiglia di argentieri orafi di lunga tradizione. Si tratta di amuleti scaramantici, tradizionalmente in uso in Sardegna, realizzati allo scopo di proteggere chi li portava dalla mala sorte o dai cattivi influssi esterni dovuti a malvagità o invidia, cioè dal cosiddetto ocru malu, il malocchio. L’esposizione è arricchita da testi esplicativi che narrano sia delle origini dei manufatti che delle tecniche impiegate per realizzarli.

In una delle camere sono esposti tre vestiti femminili tradizionali e uno maschile; sono un abito della festa, caratterizzato da toni di verde chiaro e rosso vivo, un abito da sposa, confezionato in tessuti di lana marrone e velluto sui toni del viola con bordature in seta chiara e decori ricamati con paillette, un abito da vedova nel quale spicca la camicia candida fra le vesti scure e prive di ricami. Infine vi è un esempio di veste maschile tradizionale con gabbano in orbace nero.

Nello stesso piano si trova un ambiente arredato con i mobili progettati negli anni ’20 dallo scultore Francesco Ciusa, realizzati in legno scuro con intagli che richiamano quelli delle cassapanche che anticamente costituivano l’arredo delle case sarde. Le pareti della stanza sono dipinte con un motivo che riproduce una finitura lignea e, nel centro del soffitto, c’è un disegno che rappresenta una scacchiera, le carte da gioco, un giornale a suggerire che la stanza fosse adibita a questi svaghi. L’ambiente accanto era la sala da ricevimento detta “rossa” per via dell’elegante salotto in velluto rosso con motivi floreali in bianco, mentre le pareti sono ricoperte da una carta da parati con fiori sui toni del rosa su fondo verde e il pavimento in cementine riproduce un motivo stellato. Una delle stanze vicine è invece affrescata con un decoro geometrico rosso, colore che viene ripreso anche nelle mattonelle del pavimento, mentre al centro del soffitto sono affrescati dei pennelli, un album da disegno, alcuni strumenti musicali a caratterizzare la stanza come destinata agli hobby.

Nel secondo piano si sviluppa, in diverse stanze, una mostra etnografica costituita da oggetti che vanno da strumenti per il lavoro agricolo, per la lavorazione del grano e della sua raffinazione a giochi popolari realizzati intagliando legni o canne. Particolari sono anche le ricostruzioni in scala, fatte da un artigiano locale, degli ambienti di lavoro e degli strumenti impiegati, da carretti a telai per la tessitura e la filatura della lana.

È possibile visitare il museo contattando il sito web del Comune di Gavoi.

Testo a cura della dott.ssa Laura Melis

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