Chiesa di Sant’Antonio da Padova

Situata nell’omonima località, tra i rioni di Arasulè e Toneri e il nuovo quartiere di Su Pranu, la chiesa di Sant’Antonio da Padova venne edificata, secondo alcune ipotesi, nel XVI secolo (risale al 1513 la testimonianza dell’aggiunta di un pulpito in legno oggi inesistente); secondo altre nel XVII secolo (in coincidenza con la dominazione spagnola dell’Isola), secondo altre ancora tra il XVII e XVIII secolo. Per la sua costruzione vennero utilizzati materiali autoctoni (la struttura è in pietra scistosa locale) e nell’insieme non presenta particolari pregi dal punto di vista architettonico. La facciata principale, probabilmente rifatta nell’Ottocento in stile classicheggiante, ha un andamento rettangolare racchiuso da un cornicione lavorato; ai due lati si ergono porzioni di muro, con piccole celle campanarie sulle rispettive sommità. Il prospetto è decorato in modo molto sobrio: il portone d’ingresso maggiore, affiancato da lesene, è sormontato da un rosone ornato da bassorilievi, e altre piccole finestre di forma semicircolare si aprono nelle pareti laterali, la cui superficie risulta movimentata dalla presenza di contrafforti di sostegno. La parte frontale dell’edificio è semplicemente intonacata di giallo, e ad essa si accorda il murale di Ezio Marietti realizzato nel 1999 sulla parete della vicina biblioteca, raffigurante la processione dei fedeli che sfilano con indosso gli abiti tradizionali in onore del Santo. Il cortile antistante, in passato, era chiuso da un cancello e formava una vasta corte ellittica tipica dei santuari barbaricini, con la chiesa posta al centro e le case per i novenantes tutt’intorno (alcune cumbessias erano difatti presenti nel sagrato principale). In questo stesso cortile i reduci tonaresi della guerra di Libia vollero mettere a dimora due rari pini di Aleppo alla fine del 1911; attualmente ne resta solo uno, dal momento che in anni recenti si è reso necessario abbattere il compagno per evitare danni alla facciata dell’edificio.

La pianta della chiesa, a croce latina asimmetrica, è a navata unica con due cappelle laterali dette del Carmine e del Rosario, ricostruite entrambe nel 1859; in quella a destra è esposta una reliquia del Santo, donata da Padova nel 2022 e custodita in un reliquiario appositamente costruito dall’artista e falegname locale Peppino Murgia. L’aula, coperta da una volta a botte, è suddivisa in tre campate da paraste e archi a tutto sesto: mentre le paraste sono intonacate, i costoloni degli archi sono in pietra arenaria a vista; in mattoni laterizi a vista sono anche gli archi di ingresso alle due cappelle. Le murature sono intonacate di bianco a eccezione dell’ambiente del sottarco e del presbiterio, il quale, rialzato di un gradino rispetto al pavimento della navata, presenta tre nicchie con simulacri sulla parete di fondo (sant’Antonio in quella centrale, sormontata da un’ulteriore lunetta, sant’Ignazio da Laconi a destra e frate Nicola da Gesturi a sinistra): la volta a ogiva è qui abbellita dalla presenza di alcuni affreschi raffiguranti episodi della vita del Santo (la predica ai pesci, il miracolo della mula, il miracolo dei genitori del Santo, la lotta contro il diavolo, il Santo contro l’usuraia; è presente anche un medaglione ovale in onore di san Francesco Saverio, cofondatore dell’ordine gesuita). Risalenti al 1750 e restaurate nel 2011, queste tempere murali con funzione decorativa, narrativa, didattica, devozionale e soprattutto ammonitiva (in qualità di exemplum per il popolo) vennero realizzate da Gregorio Are, figlio di Pietro Antonio: titolari di una bottega d’arte attiva nella prima metà del Settecento, i due artisti hanno eseguito opere simili in diverse altre chiese del Nuorese (Nostra Signora delle Grazie a Nuoro, la basilica di Santa Maria dei Martiri a Fonni; la chiesa dei Santi Cosma e Damiano a Triei; la chiesa del Rosario di Orani).

La chiesa, aperta e visitabile tutto l’anno, si anima in modo particolare in occasione della festa in onore di sant’Antonio da Padova. Due comitati distinti si occupano dell’organizzazione dei riti e degli eventi: uno si dedica alle giornate del 12 e 13 giugno e un altro, di cui fanno parte i produttori e venditori di torrone, si occupa dei festeggiamenti dell’Ottava, nelle giornate del 19 e 20 giugno; questa seconda data venne probabilmente istituita proprio dagli ambulanti, che in passato erano impossibilitati a presenziare alla festa per via del carattere itinerante della loro professione. I festeggiamenti del 13 giugno prevedono la celebrazione di funzioni religiose molto sentite e suggestive che si concludono con una processione che, dalla chiesa, attraversa il rione Su Pranu; un’altra processione si svolge poi alla vigilia dell’Ottava. Ancora per tutto l’Ottocento la ricorrenza era accompagnata da un palio, e i fantini vincitori ricevevano in premio un taglio di velluto nero o azzurro di 8 metri di lunghezza. Il 9 gennaio del 1921 David Herbert Lawrence ebbe occasione di sostare per pochi istanti nei pressi dell’edificio, all’interno del quale si affacciò curioso da una porta laterale e che citò nel famoso Mare e Sardegna: nel diario di viaggio, in cui si legge anche la dettagliata descrizione di una processione di uomini e donne in abiti tipici tonaresi, l’edificio per il culto del Santo è ricordato come una «piccola chiesa grigia abbandonata sulla vetta dell’altopiano».

 Testo a cura della dott.ssa Cecilia Mariani