Villaggio nuragico di s’Urbale

Il villaggio nuragico di S’Urbale, databile al periodo che va dal Bronzo Medio alla prima età del Ferro (1500-900 a.C.), si trova su un colle a 840 metri s.l.m. affacciato sul lago artificiale Cucchinadorza. Privo di nuraghe, esso è costituito da un complesso che conta attualmente circa 50 capanne, una delle quali (il vano F) è stata ricostruita fedelmente in scala 1:1 nel Museo Archeologico Comprensoriale di Teti. A pianta circolare, con muri in blocchi di granito privi di malta e pavimentazione in pietra, esse presentano un focolare quadrangolare in terra battuta al centro dell’ambiente (che veniva periodicamente rinnovato con strati di argilla) e un vano, delimitato da lastre di pietra infisse nel terreno, utilizzato come ripostiglio per utensili e provviste. In passato ogni unità abitativa, caratterizzata da un’elevata tecnica costruttiva che differenzia il villaggio dagli altri presenti nell’Isola, aveva una copertura conica realizzata con pali disposti a raggiera e strati di frasche che veniva successivamente consolidata con l’argilla, un materiale che, insieme al sughero, serviva anche per l’isolamento termico. Una delle capanne del villaggio è dotata di panche addossate ai muri, il che ha fatto ipotizzare che venisse riservata allo svolgimento di riunioni; al suo interno si trovano anche conci lavorati nei quali venivano deposte le offerte votive.

I lavori di scavo inaugurati nel 1931 da Antonio Taramelli hanno portato alla scoperta e allo studio delle prime 12 capanne poste sulla sommità del colle; numerose altre unità abitative che risultavano coperte dai crolli successivi a un incendio verificatosi già in età nuragica (e che comportò l’abbandono del sito) sono poi venute progressivamente alla luce con le indagini svolte negli anni Ottanta dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici. Le situazioni stratigrafiche intatte e i reperti ritrovati nel corso degli scavi – tra cui fornelli fittili a ferro di cavallo e oggetti in argilla e in ceramica (vasi, ciotole, brocche, tegami, olle) – hanno permesso di conoscere meglio e ricostruire con maggiore precisione come si svolgesse la vita quotidiana e domestica nel IX secolo a.C., accertando, per esempio, la familiarità con strumenti utili alla lavorazione dei cereali (macine, pestelli e contenitori) e alla tessitura (fusaiole, rocchetti, pesi da telaio). L’importanza della religione e dei relativi aspetti cultuali e rituali per gli abitanti del villaggio è inoltre testimoniata dalla vicina presenza del santuario di Abini.

Il territorio di Teti, caratterizzato da vette rocciose, boschi di lecci e sugherete secolari che ne esaltano la peculiarità ambientale e panoramica, è ricco, nel suo complesso, di testimonianze archeologiche: al villaggio e al santuario menzionati si aggiungono infatti i nuraghi Istei-Funtana Bona, AlinedduTurriae le tombe dei giganti di S’Urbale e Atzedalai.

Testo a cura della dott.ssa Cecilia Mariani